Progettata dall’architetto Domenico Dolcemascolo da Sciacca e donata dal vescovo Andrea Lucchesi Palli (1755-1768) alla città nel 1765, comprendeva 18000 volumi (350 manoscritti, 32 codici arabi, 82 incunaboli e 3000 cinquecentine) ed un medagliere, collocati in una struttura lignea dello scultore Pietro Carletto; il suo patrimonio si è poi arricchito con le raccolte librarie appartenenti alle corporazioni religiose soppresse (circa 8000 volumi provenienti da diversi conventi) fino ad arrivare all’attuale consistenza di circa 50.000 volumi di cui circa 23.000 anteriori al 1830.

 

Vidi nella penombra fresca che teneva l’ampio stanzone rettangolare presso un tavolo polveroso, cinque preti della vicina Cattedrale e tre carabinieri dell’attigua caserma in maniche di camicie, tutti intenti a divorare una insalata di cocomeri e pomodori. Restai ammirato. I commensali stupiti levarono gli occhi dal piatto e me li confissero addosso. Evidentemente io ero per loro una bestia rara e insieme molesta. Mi appressai rispettosamente (perché no) e domandai del bibliotecario. “Sono io”, mi rispose uno degli otto, con voce afflitta dal boccone non bene inghiottito. “Io vengo a chiederle il permesso di vedere se in questa… (non dissi taverna ma biblioteca) sono dei manoscritti…” “Là giù, là giù, in quello scaffale in fondo”, m’interruppe la stessa voce impolpata di un nuovo boccone, e gli otto bibliotecari si rimisero a mangiare O Marius De Maria, sospirai io, pittore bizzarro e fratel mio d’elezione! Lo scaffale accennatomi era aperto: chi ne avesse avuto voglia avrebbe potuto servirsi a comodo; ma quei libri non conoscono altri visitatori che i topi e gli scarafaggi…”.…”

(Lettera a Ernesto Monaci, 1889)