SCIALLE NERO

E andavano a testa bassa, come due cavalli stanchi; entrambi con le mani dietro la schiena. A nessuno dei due veniva mai la tentazione di volgere un po’ il capo verso la ringhiera del viale per godere la vista dell’aperta campagna sottostante, svariata di poggi e di valli e di piani, col mare in fondo, che s’accendeva tutto agli ultimi fuochi del tramonto: vista di tanta bellezza, che pareva perfino incredibile che quei due vi potessero passar davanti così, senza neppure voltarsi a guardare.

S’apriva di là la magnifica vista della piaggia sottostante all’altipiano, fino al mare laggiù … Seduta su un masso, all’ombra d’un olivo centenario, guardava tutta la riviera lontana che s’incurvava appena, a lievi lunate, a lievi seni, frastagliandosi sul mare che cangiava secondo lo spirare dei venti

 

 

SEDILE SOTTO UN VECCHIO CIPRESSO 

All’ora solita, chiuso lo studio, si recava a passeggiare nel viale solitario, all’uscita della città, da cui si godeva una gran veduta di poggi e di vallate.

Dove quel viale svoltava per proseguire sulla costa un po’ più sporgente della collina accanto, c’era una panchina a ridosso d’un cipresso. Il viale era tutto d’alberelli nuovi e freschi. Quel cipresso vi era come estraneo e solo. Perdute le scaglie, era divenuto per la vecchiaja una gigantesca pertica, liscia e morta, con un pennacchio appena in cima, come una spazzola da lumi. Nessuno mai andava a sedere sulla piccola panchina a ridosso di quel vecchio cipresso malauguroso. Vi andava a sedere il Cimino, per ore e ore, immobile, come un lugubre fantoccio che qualcuno per burla avesse posato lì.

 

CIAULA SCOPRE LA LUNA

Un vescovo a piedi? Da che il Vescovado sedeva lassù come una fortezza in cima al paese, tutti i Montelusani avevan sempre veduto scendere in carrozza i loro vescovi al viale del Paradiso.

 

IL TURNO

Certe sere, mentre contemplava dal viale solitario, all’uscita del paese, il grandioso spettacolo della campagna sottostante e del mare là in fondo rischiarato dalla luna, si sentiva preso da certi sogni, angosciato da certe malinconie. In quella campagna, una città scomparsa, Agrigento, città fastosa, ricca di marmi, splendida, e molle d’ozii sapienti

 

Il Ravì attendeva impaziente da circa due ore, appoggiato alla ringhiera di ferro del viale all’uscita del paese, con gli occhi a un punto noto dell’ampia, verde, vallosa campagna che s’apre a piè del colle, su cui pare che Girgenti sia sdrajata. Di tanto in tanto sbuffava e moveva qualche passo o dava uno scrollo poderoso alla ringhiera, tenendo sempre gli occhi fissi laggiù, alla macchia fosca dei cipressi del camposanto, a Bonamorone. E borbottava:

– Giusto là, sicarii! Uccellacci di malaugurio!

A quell’ora la Passeggiata era deserta. Un soldato a una finestra del grigio casermone dirimpetto lustrava uno stivale, fischiando a distesa. Per lo stradone polveroso sotto la Passeggiata passavan carri carichi di brocche d’acqua, tirati da stanchi asinelli, a cui gli acquajoli non risparmiavano il peso del loro corpo, dopo la penosa salita dalla sorgente d’acqua potabile laggiù, presso il camposanto.

 

IL VITALIZIO

E si recava in fondo al viale detto della Passeggiata, all’uscita del paese, di dove poteva scorgere la sua terra lontana, laggiù laggiù nella vallata, tra i due Tempii antichi. Guardava e guardava, come se con gli occhi potesse impedire di lassù lo sterminio del Maltese. Il cuore però non gli reggeva a lungo, e se ne ritornava pian piano, con le lagrime agli occhi.

 

I VECCHI E I GIOVANI

L’unico viale della città, detto della Passeggiata, la sola cosa bella che la città avesse, aperto com’era alla vista magnifica di tutta la piaggia,sotto, svariata di poggi, di valli, di piani, e del mare in fondo, nella sterminata curva dell’orizzonte

 

Villa Salvo era situata in alto, aerea, e dominava il viale tagliato su la collina dal lato meridionale. Vi si saliva per ampie scalee, che superavano l’altezza con agevoli fughe. A ogni ripiano, su i pilastrini, eran quattro statue d’arcigna bruttezza, che certo non facevano buona accoglienza ai visitatori né si congratulavano molto con essi della branca superata. Si godeva però di lassù la vista incantevole dell’intera campagna tutta a pianure e convalli e del mare lontano.

 

 

DIFESA DEL MÈOLA (Tonache di Montelusa)

E infatti parve a tutti che il cielo, il gajo aspetto della nostra bianca cittadina s’oscurassero a quell’apparizione ispida, lugubre. Un brulichio sommesso, quasi di raccapriccio, si propagò al passaggio di lui per tutti gli alberi del lungo e ridente viale del Paradiso, vanto della nostra Montelusa, terminato laggiù da due azzurri: quello aspro e denso del mare, quello tenue e vano del cielo.